sabato 13 agosto 2016

Inside San Siro

Un articolo un po' diverso dagli altri, un po' più personale e che sentivo di dover fare prima o poi e visto la malinconia che sale a due settimane dalla prima partita casalinga della mia Inter, oggi voglio provare a farvi sentire le mie stesse sensazioni e le mie stesse emozioni ogni volta che vado a San Siro, quello che per me è e sempre rimarrà lo stadio più bello del mondo.



Come alcuni di voi già sapranno, ho l'abbonamento all'Inter da ben dodici anni (quest'anno faccio il tredicesimo anno), infatti partendo dalla stagione 2004/05, che tra l'altro si può dire abbia dato inizio al nostro ciclo vincente, ho sempre fatto l'abbonamento allo stadio, con cui ho vissuto sempre un rapporto di puro amore: sia a sette anni che ora a diciotto, ho sempre atteso il weekend per vedere giocare la mia squadra del cuore, ma i weekend in cui giochiamo in casa a San Siro sono quelli che attendo di più. Sin da quell'Inter-Chievo di un pomeriggio primaverile del 2004 che mi ha battezzato a San Siro, arrivando all'Inter-Empoli che ha chiuso l'ultima stagione casalinga, sono sempre stato catturato dall'atmosfera dello stadio: ogni volta che percorro le scale che mi portano nel secondo anello blu dove da 12 anni ho l'abbonamento, mi sento come quel bambino che si sentiva carico ed emozionato ad essere lì per sostenere la propria squadra, ma se in quegli anni pensavo che andare allo stadio fosse solo vedere la partita e basta, negli ultimi mesi, ho capito che andare allo stadio è qualcosa in più del sedersi e guardare la partita.

Per me l'"andare allo stadio" inizia da casa mia, più precisamente tutto ciò inizia quando nella classica serata autunnale, apro il mio armadio e tiro fuori la mia sciarpa nerazzurra per legarmela al collo prima di uscire di casa e raggiungere l'Inter Club, da dove prendo il pullman con cui da anni raggiungo San Siro. Il tragitto casa-stadio è un qualcosa di fondamentale per me e ricordo quel tragitto a memoria, strada per strada, vicolo per vicolo, curva per curva finché non compare quello che considero la mia seconda casa: San Siro. Mancano ancora una decina di minuti al parcheggio dello stadio, ma già da quei chilometri che dividono la mia faccia attaccata al vetro del pullman allo stadio, guardo sempre San Siro con due occhi da innamorato. Che sia giorno, sera o notte, non cambia nulla, guardo quello stadio con la stessa meraviglia con cui lo guardai la prima volta, innamorato della sua bellezza e della sua maestosità. Dieci minuti dopo circa, scendo dal pullman e me lo ritrovo a pochi metri e nulla, è ancora più bello di prima: la sua grandezza, la sua bellezza che perdura negli anni... È una vista che mi scalda sempre il cuore e mi fa stare felice da dodici anni, sia che stessi andando a vedere una partita dell'Inter di Mourinho, sia che stessi andando a guardare l'Inter di Stramaccioni ed è ciò che molta gente non capisce: andare allo stadio a supportare la propria squadra è la cosa più bella che ci sia per un tifoso e non deve essere dettata dai risultati o dagli operati dei dirigenti, ma deve essere un gesto di amore incondizionato verso la squadra che da bambini o anche da più grandi ci ha fatto innamorare, perché alla fine la squadra la si supporta sempre, non solo nel bene, ma soprattutto nel male.

E quando salgo gli scalini dello stadio, mi siedo al mio posto e sento grida, urla di incoraggiamento, l'odore di una sigaretta spenta sugli scalini, qualche bestemmia e imprecazione e poi alla fine la gioia di una rete, un urlo liberatorio che mi fa sempre capire che non c'è nulla al mondo che possa anche solo lontanamente avvicinarsi alla sensazione che si prova vedendo segnare un gol della propria squadra nel proprio stadio. E se ci sono persone che preferiscono guardarsi tutto ciò alla televisione, beh, facciano pure, vuol dire che non hanno mai provato l'emozione irraggiungibile che solo lo stadio e la tua squadra sono disposti a darti.

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